The “Genius”. Il cantante e pianista che ha lasciato il suo segno per sei decenni…
E’ difatti del 1949 la sua prima incisione “Confession blues”. E fino ai giorni nostri, incidendo una montagna di dischi ed esibendosi in migliaia di concerti in tutto il mondo. Abbraccia con disinvoltura tutti i generi musicali, dal Gospel al Blues, dal R&B al Jazz, ma anche il Pop e il Country.
Nasce nel 1930 in Georgia. E come poteva essere altrimenti Georgia on my mind
Da bambino, per una malattia, un glaucoma, perderà la vista e si dedicherà completamente allo studio del pianoforte e clarinetto. Lasciata la scuola, si trasferisce a Seattle a diciassette anni e forma il suo primo Trio, col quale si esibisce in uno stile più morbido di quello che gli conosciamo in seguito, un misto di Jazz-blues e canzoni Pop essendo allora fan di Nat King Cole.
Ma il primo successo viene nel ’54 con “I got a woman”. Inizia quindi il periodo Gospel che gli vede a fianco la prima formazione delle coriste “Raelets”. Quindi sarà un susseguirsi di dischi in diverso stile. Dal Jazz, in formazione con Milt Jackson e più avanti con grandi formazioni orchestrali dirette da Quincy Jones. Al R&B, celeberrima è a questo proposito la partecipazione al film “Blues Brothers” dove canta “Shake your tailfeather”, nella parte di un venditore cieco di strumenti musicali, che però…”ci vede lungo”, sparando ad uno che tenta di rubargli una chitarra.
Negli anni ’60 ci saranno i suoi successi più forti “Georgia on my mind”, “ I can’t stop lovin’ you” , What’d I say”.
Della sua profonda matrice Blues mi piace ricordare un pezzo meraviglioso Am I Blue con un assolo di tromba pazzesco e una sua nota “strozzata” e un finale che ti attaccano al muro.
Dei suoi mille duetti con le cantanti questa con Betty Carter Baby, It is Cold Outside
Per capire come sia possibile reintepretare una canzone (in questo caso in modo clamoroso) ci piace ricordare quando Ray Charles partecipò al Festival di Sanremo nel ’90 cantando la canzone di Toto Cutugno e ci lasciò di stucco a tutti.
Mi capitò di vederlo a Milano, credo allo Smeraldo nell’86, e rimasi molto deluso dell’esibizione in stile Hotel di Las Vegas con un’orchestra sottotono, in una performance di un’oretta appena, per consentire il doppio spettacolo poco dopo. Ma questo fa parte dello show-business che spesso travolge tutti i grandi della canzone, banalizzandoli spesso nella rincorsa di migliaia di esibizioni per rimpinguare le casse dei produttori e di loro stessi.
E comunque sia, rimangono però le mille preziose testimonianze discografiche che Ray Charles ci ha lasciato per sempre.
Della sua discografia sterminata potremo cominciare magari da una delle decine di compilation in commercio della Atlantic “The Ray Charles story 1-2-3-4” o “The greatest Ray Charles” “The genius sings the Blues” per poi scegliere lo stile suo che più vi interessa e continuare a conoscerlo in quello.
(Federico Capranica)