Il Festival della Canzone di Sanremo
Si chiama proprio così: della “Canzone”. O almeno così era negli anni ’50, dove i cantanti erano quattro o cinque (Pizzi, Boni ecc.) e interpretavano diverse canzoni ognuno. La più bella era decretata in effetti solo poi dal giudizio popolare che la eleggeva come sua preferita e questa passava quindi alla storia della canzone italiana. Lo stesso è stato anche per il Festival della Canzone Napoletana. Questo è sparito del tutto da tanti anni e quella versione odierna è ben poca cosa in confronto.
Che è successo di così grave perché sparisse uno dei migliori prodotti italiani che ci ha resi famosi e caratteristici in tutto il mondo? Cioè autori di melodie tipiche e particolari?
Per il Festival di Napoli è piuttosto semplice. Quelle canzoni meravigliose che oggi tutti noi ricordiamo erano state scritte per la maggior parte da autori classici, cioè gente che faceva il compositore per mestiere e ai quali la musica classica non offriva più molto lavoro e il mondo della canzonetta appena emergente o la vituperata operetta apriva improvvisi spiragli economici e di una certa fama. A questi si accompagnavano anche autori popolari che portavano caratteristici motivetti banali ma orecchiabilissimi. Ma, passati alcuni decenni, sono spariti gli autori colti e sono rimasti solo i secondi, disossando di fatto il Festival dai valori melodici importanti. Pochi anni e fine della canzone napoletana.
Cosa è successo al Festival di Sanremo? Negli anni ’50 e ’60 è stato tutto un brulicare di fermenti artistici ed economici nel mondo della canzone. Non era difficile poter aspirare a fare un bel po’ di soldi con un ritornello facile o colto che sia. E quindi a questo argomento, con motivazioni più o meno nobili, si sono dedicati centinaia di autori, discografici, cantanti, arrangiatori, studi di registrazione, fonici, produttori. Un’industria imponente.
Ma negli anni ’70 con l’arrivo dei cantautori, che la canzone se la scrivevano tutta da loro, gli autori puri hanno cominciato a trovare vita difficile con i pochi cantanti puri rimasti, cioè quelli che non se le sapevano scrivere.
I discografici e i cantanti stessi ormai famosi, volevano mettere la zampetta sui lucrosi guadagni autoriali e lo imponevano sfacciatamente. Gli stessi cantautori, tranne pochi, in periodi di scarsa vena, preferivano comprare da questi autori puri i diritti delle canzoni pagandole una miseria. Tempo dieci anni gli autori “puri” hanno cominciato a fare altri lavori seri e ben remunerati. Questo ha falcidiato il panorama delle melodie e delle canzoni più belle. Ormai stiamo assistendo agli ultimi rantoli.
Avevano già ucciso altre categorie professionali tanti anni prima: gli arrangiatori.
Ricorderete tutti, o basta semplicemente ascoltare un disco degli anni ’30 o ’40, sia italiano che americano (dei quali siamo sempre stati, anche nella forma, clonatori imperterriti…), come la cosa più importante erano le orchestre e il direttore, non certo la cantante, che veniva cambiata spesso e non rivestiva nessuna particolare importanza. Questo è rimasto così oggi solo in pochi ma significativi casi: le orchestre romagnole, dove il capo orchestra dà il nome e la garanzia della musica, e anche nelle orchestre argentine, dove la cantante difficilmente è anche nota, perché la cosa importante è la musica che deve essere bella e soprattutto ballabile, che quindi necessita di professionalità precisa.
Ma qui, negli anni ’60 cominciarono a diventare famosi i cantanti, la gente a ricercare i loro idoli, il gossip a farla da padrone. E una volta divenuti famosi i cantanti, questi hanno pensato che la loro fama era dovuta a loro stessi e non al prodotto canzone, che potevano facilmente farsela da soli.
I direttori d’orchestra e gli arrangiatori sono stati messi da parte a favore dell’evento e del personaggio artista. Questo ha contribuito a ridimensionare le fila di quelli che esprimevano la loro professionalità precisa nello scrivere melodie, nell’orchestrarle, nello scrivere dei testi che avessero sempre temi interessanti e intriganti. Un’ignorante scriverà sempre cose stupidelle e banalotte. Almeno nella quasi totalità dei casi.
E allora, se a Sanremo non senti altro che sempre la stessa melodia di tre note, all’inglese, con arrangiamenti sempre pop-rock, all’inglese, spesso copiata all’infinito da altri artisti americani o addirittura con copiature figlie di copiature di altri colleghi italiani, il motivo è semplice: hanno ucciso delle categorie professionali.
Il prodotto non può avere lo stesso valore e la diversità che aveva quando ci si dedicavano in tanti, con le loro diversità espressive ed artistiche.
Questo sta per succedere anche nella nostra industria manifatturiera. Con gli industriali che guardano con favore i risparmi economici dei cinesi e il mondi dell’est.
La professionalità si paga, non c’è niente da fare. Che ce l’ha, non te la dà gratis.
Se vuoi mangiarti tutto il piatto, puoi farli fuori e fartelo da solo. Ma ti rimarranno solo le schifezze dopo un po’ di tempo.
Ti faccio un ultimo e lampante esempio: negli anni ’80 il Festival di Sanremo ha eliminato l’orchestra. Troppi problemi, costi elevati, tempi di prove lunghi, facce con look poco accattivanti, possibilità di sbagli, umori, sudori, trattative economiche continue.
Via, mandiamo tutti a casa e facciamo cantare i cantanti con le basi: tutto più facile, veloce. Basta fare una scenografia accattivante, due giorni di prove e il gioco è fatto.
Ma oggi le vedete ogni tanto, in qualche filmato RAI, quelle edizioni: che vuoto mortale e, se ci fate caso, pure la canzoni erano una miseria e i cantanti oltre a pettinarsi sempre più cotonati o a mettere spalline rinforzanti sembravano più spaesati che altro. E il crollo delle vendite dei dischi.
E’ noto ormai il fallimento dei valori degli anni ’80, del look e della Milano da bere.
Aragozzini riporterà l’orchestra e di colpo anche il Festival sembrerà più vivo, e guarda caso rinasce anche nell’interesse popolare. Ma la reintroduzione da sola dell’orchestra non basta, se non fai ripartire l’intera macchina delle professioni. Da una decina d’anni quindi è stato necessario sempre affiancare a Sanremo un evento mediatico, lo spettacolo puro, con personaggi che avessero anche poco a che fare con la canzone, purché deflagranti o inconsueti o famosissimi.
Non serve alla canzone tutto ciò. Questa ha bisogno di essere cantata al bagno, da soli, senza i programmi di Celentano e i comici.
Vedremo come andrà a finire, io non ho molta fiducia…