Immaginate una giornata di festa in un paesetto del sud, in Italia, con la sua bella processione, il santo portato a spalla, la banda che suona al seguito e tutta la gente dietro, gli uomini col vestito buono, le signore un po’ chiatte col cappellino e i bambini che litigano tutti contenti. E il giovane trombettista della banda, con un sacco di grilli per la testa, che sa che lui è forte e deve andare su al nord nella metropoli, che lì si, che è il posto suo.
Ecco la fotografia negli anni ’20 di New Orleans e di Louis Armstrong, con lui solo un po’ più scuretto di pelle. E a vent’anni eccolo sul primo treno della sua vita per Chicago.
La grande metropoli, fantastica. Piena di malavitosi, prostitute, ruffiani, gente che si spara a tutte le ore. Una meraviglia. Ma anche piena di locali fumosi coi musicisti più forti, e non era difficile per Louis sperare di entrare in una di quelle orchestre, bisognava solo aspettare che qualche cliente del locale, magari un po’ più ubriaco, sparasse per sbaglio al trombettista e il gioco era fatto. Fatto? …Fatto! Ed eccolo in poco tempo, sotto i riflettori, a spingere dentro la cornetta i suoi assoli.
Mo’, dice, che centra, in mezzo ai cantanti Armstrong? Centra, centra.
Una bella voce grossa e grassa, come una canzoncina che cantò in Italia e che è troppo carina per non farla sentire Grassa e bella (una fotografia completa dello stile di Armstrong) E siccome negli anni’60 era ormai famoso in tutto il mondo, viene pure al festival di Sanremo, come cantante.Il pezzo era “Mi va di cantare”.
Pazzesco, a Sanremo sono venuti in tanti a fare la loro gara, pensate, Stevie Wonder, Toots Thielemans. Ma questa è un’altra storia.
E ancora, come cantante ci ha lasciato due straordinarie perle che sono:
We have all the time in the world
What a wonderful world (vi ricordiamo che questa canzone c'è tra le basi sul sito, sia in versione maschile che femminile)
Ormai la sua voce avete imparato a conoscerla. Resta lui come trombettista swing.
Che poi è la cosa più importante. Ma questa è un’altra storia.
(Federico Capranica)