I più svelti di voi avranno sicuramente notato che tra i cantanti jazz, crooner o più swingers che sia, in genere i bianchi, e in particolare gli italoamericani, la fanno da padroni. Nat “king” (il re) Cole è una delle grandi eccezioni.
Nasce come pianista, un fortissimo pianista, e con il suo trio, intorno al 1940 conquista una certa popolarità nei locali jazz: pensate che fu il primo nero a firmare un contratto per un programma radiofonico con la CBS, la famosa emittente americana, ma ciò che lo rese immortale fu il suo stile di impareggiabile eleganza e sua voce vellutata.
Una particolarità del suo modo di cantare era la scansione delle sillabe, ed il modo in cui “appoggiava” le vocali, sempre sottolineandone la pronuncia, stile che da noi fu ripreso dal grande Bruno Martino, non a caso un “crooner” italiano di grande eleganza.
A questo proposito sentite il “verse” del capolavoro di Hoagy Carmichael...Stardust
Nonostante avesse un grande repertorio jazzistico e vantasse collaborazioni storiche con interpreti storici come Lester Young, molti lo ricordano ancora per canzoni “popolari” come...Mona Lisa, oppure gli ultimi lo hanno conosciuto grazie alla figlia Natalie che (furbina…) ha ricantato...When I fall in love, un altro suo cavallo di battaglia, in una serie di duetti “virtuali” e “postumi”. (Vi ricordiamo che di questa canzone abbiamo la base nel sito, sia in versione femminile che maschile)
Cioè, dopo che il papà non c’era ahimè più, ha preso il master dell’incisione originale, ha inciso anche la sua voce e ha rimasterizzato il tutto insieme alla originale voce di Nat: come se fossero lì insieme a cantare.
Dato che l’etichetta discografica di Nat King Cole era la Capitol, nonostante le collaborazioni con Norman Granz della storica Verve, il modo migliore di conoscere questo artista è di comprare una raccolta di questa etichetta, che magari possa spaziare dal repertorio “popolare” a quello più jazzistico, e magari a quello degli esordi, pianistico.
(Pierluca Buonfrate)