Indica il timbro vocale compreso tra il tenore ed il basso. Si dice che in questo periodo, le vere e proprie voci da baritono "pure" sono sparite.   Il baritono possiede una certa facilità rispetto al basso di salire sugli acuti con un timbro sicuramente più limpido rispetto al basso e più  cupo rispetto al tenore.

Inoltre il baritono ha la possibilità di usare con più facilità il falsetto che, come dice la parola stessa, significa canto finto, ossia non un vero colore di voce. Infatti, spesso il falsetto è stato solo frutto di buoni fraseggi e di interpretazioni di bravissimi cantanti come Gino Bechi, Tito Gobbi ecc.

Ai giorni nostri, il falsetto è molto criticato o sinonimo di fiato scarso, pessimo fraseggio e conseguente  mancato appoggio oppure di una brutta tecnica .

Il registro baritonale, così come si intende ai giorni nostri, trovò la sua definizione di timbro e repertorio solo nell’800, dopo che nel melodramma, con l’evoluzione verso l’alto della voce tenorile, si creò un repertorio preciso per un registro intermedio tra tenore e basso.

Fra le prime parti autenticamente baritonali si ricordano quelle di:

FIGARO nel Barbiere di Siviglia

CHEVREUSE nella Maria di Rohan di Donizetti

NABUCCO dall’omonima opera di Verdi

Col tempo il baritono si distinse a seconda del volume e del colore della voce  in:

DRAMMATICO: che possiede un volume ed un’estensione tale per sostenere questi ruoli.

CANTABILE o LIRICO: che possiede un’ ineccepibile cantabilità e che ben rappresenta i toni romantici più del baritono drammatico.

LEGGERO: che sicuramente affronta con molta disinvoltura i ruoli più buffi dell’opera.

(Ida Decenvirale)

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